settembre 2022
ENTI SPORTIVI E LAVORO SPORTIVO
Disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. n. 36/2021
di Enrico Romano
Il gioco della racchetta di Gabriele Bella (Venezia-XVIII sec.)
L’art. 5 della L. n. 86/2019 ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché del rapporto di lavoro sportivo Il comma 3 del citato articolo ha , inoltre, delegato il Governo , ad adottare le “disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno di essi”.
Il 7 luglio di quest’anno il Consiglio dei Ministri ha, così, approvato in via preliminare uno schema di decreto che è stato presentato alle Camere . Lo schema di decreto legislativo de quo ( A.G. 431 ) si compone di 31 articoli e reca, per l’appunto, disposizioni integrative e correttive del D.lgs. n. 36/2021 che, <<nella logica universalistica già propria della c.d. “giurisprudenza Bosman” della Corte del Lussemburgo (v. par. 4), ha regolato la fattispecie trans-tipica del lavoratore sportivo, il cui carattere discretivo è lo scambio tra una prestazione sportiva (lato sensu) ed un corrispettivo>> onde non può che condividersi autorevole opinione dello stesso Marco Biasi secondo il quale la tecnica adottata dal legislatore nella regolazione del lavoro sportivo << costituisce un importante esperimento per il diritto del lavoro tout court, vista l’innovativa scelta di prediligere una dimensione olistica nell’allocazione dei diritti e delle responsabilità delle parti, senza al contempo travolgere la tradizionale distinzione tra subordinazione ed autonomia e, in ambito sportivo, tra settori professionistici e dilettantistici>> ( M.Biasi , Causa e tipo nella riforma del lavoro sportivo. Brevi osservazioni sulle figure del lavoratore sportivo e dello sportivo amatore nel d.lgs. n. 36/2021 in Lavoro Diritti Europa,Rivista nuova di Diritto del Lavoro –2021). Venendo allo schema di decreto in argomento, è significativo che si preveda la necessità di concerto con il Ministro della salute, con specifico riferimento alle disposizioni finalizzate al riconoscimento del carattere sociale e preventivo-sanitario dell'attività sportiva , quale strumento di miglioramento della qualità della vita e della salute, nonché quale mezzo di educazione e di sviluppo sociale, nonché il concerto con i Ministri dell’istruzione e dell’Università e della Ricerca in relazione alle disposizioni volte alla valorizzazione della formazione dei lavoratori sportivi, in particolare dei giovani atleti, al fine di garantire loro una crescita non solo sportiva, ma anche culturale ed educativa nonché una preparazione professionale che favorisca l'accesso all'attività lavorativa anche alla fine della carriera sportiva .
E’ il caso di evidenziare che l’art. 5, comma 1 della legge delega indica i principi ed i criteri direttivi ai quali si devono conformare i decreti attuativi , in particolare: 1) riconoscimento del carattere sociale e preventivo-sanitario dell'attività sportiva, quale strumento di miglioramento della qualità della vita e della salute, nonché quale mezzo di educazione e di sviluppo sociale; 2) riconoscimento del principio della specificità dello sport e del rapporto di lavoro sportivo come definito a livello nazionale e dell'Unione europea, nonché del principio delle pari opportunità, anche per le persone con disabilità, nella pratica sportiva e nell'accesso al lavoro sportivo sia nel settore dilettantistico sia nel settore professionistico; 3) individuazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica della figura del lavoratore sportivo, ivi compresa la figura del direttore di gara, senza alcuna distinzione di genere, indipendentemente dalla natura dilettantistica o professionistica dell'attività sportiva svolta, e definizione della relativa disciplina in materia assicurativa, previdenziale e fiscale e delle regole di gestione del relativo fondo di previdenza; 4) tutela della salute e della sicurezza dei minori che svolgono attività sportiva, con la previsione di specifici adempimenti e obblighi informativi da parte delle società e delle associazioni sportive con le quali i medesimi svolgono attività; 5) valorizzazione della formazione dei lavoratori sportivi, in particolare dei giovani atleti, al fine di garantire loro una crescita non solo sportiva, ma anche culturale ed educativa nonché una preparazione professionale che favorisca l'accesso all'attività lavorativa anche alla fine della carriera sportiva; 6) disciplina dei rapporti di collaborazione di carattere amministrativo gestionale di natura non professionale per le prestazioni rese in favore delle società e associazioni sportive dilettantistiche, tenendo conto delle peculiarità di queste ultime e del loro fine non lucrativo; 7) riordino e coordinamento delle disposizioni di legge ( inclusa la L. n. 91 del 23 marzo 1981) , apportando le modifiche e le integrazioni necessarie per garantirne la coerenza giuridica, logica e sistematica, nel rispetto delle norme di diritto internazionale e della normativa dell'Unione europea, nonché per adeguarle ai princìpi riconosciuti del diritto sportivo e ai consolidati orientamenti della giurisprudenza; 8) riordino della disciplina della mutualità nello sport professionistico; 9) riconoscimento giuridico della figura del laureato in scienze motorie e dei soggetti forniti di titoli equipollenti di cui al decreto legislativo n. 178 dell’8 /05/1998; 10) revisione e trasferimento delle funzioni di vigilanza e covigilanza esercitate dal Ministero della difesa su enti sportivi e federazioni sportive nazionali, in coerenza con la disciplina relativa agli altri enti sportivi e federazioni sportive, previa puntuale individuazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie da trasferire; 11) trasferimento delle funzioni connesse all’agibilità dei campi e degli impianti di tiro a segno esercitate dal Ministero della difesa all'Unione italiana tiro a segno, anche con la previsione di forme di collaborazione della stessa con il predetto Ministero, previa puntuale individuazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie da trasferire; 12) riordino della normativa applicabile alle discipline sportive che prevedono l'impiego di animali, avendo riguardo, in particolare, agli aspetti sanitari, al trasporto, alla tutela e al benessere degli animali impiegati in attività sportive. Dei 31 articoli di cui si compone lo schema di decreto legislativo in commento ( A.G. 431 ) , se ne prenderanno in esame tre e precisamente gli artt.13,14 e 15 per la specifica rilevanza delle modifiche apportate. Con riferimento all’art. 13 ( “Modifiche all’articolo 25 del D.Lgs. n. 36 del 2021 in materia di disciplina del rapporto di lavoro sportivo”) , esso modifica l’articolo 25 del D.Lgs. 36/2021 che reca la definizione di lavoratore sportivo e disciplina il relativo rapporto di lavoro. Vale evidenziare che l’art.13 amplia la definizione di lavoratore sportivo, aggiungendo alle categorie attualmente previste - ossia atleta, allenatore, istruttore, direttore tecnico, direttore sportivo, preparatore atletico e direttore di gara - anche ogni tesserato che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti tra quelle necessarie per lo
svolgimento di attività sportiva; restano escluse (comma 1, lett. a) le mansioni di carattere amministrativo-gestionale. Resta invariata la previsione secondo cui il lavoratore sportivo esercita l'attività sportiva senza alcuna distinzione di genere, indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico e verso un corrispettivo. Stante l’introduzione della figura del volontario (che ha sostituito quella dell’amatore) per effetto delle modifiche apportate dall’art. 17 dello schema di decreto in esame , è stata eliminata la precisazione che esclude le prestazioni amatoriali dalla definizione di lavoro sportivo.
L’articolo in commento conferma che il rapporto di lavoro sportivo può avere natura subordinata, autonoma, occasionale o di collaborazione coordinata e continuativa (indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico in cui si svolge) ed apporta rilevanti modifiche di seguito sintetizzate; A) il comma 1, lett. b: specifica che la disciplina è posta a tutela della dignità dei lavoratori nel rispetto del principio di specificità dello sport; B) il comma 1, lett. c e d: elimina la presunzione della natura subordinata del rapporto prevista dalla normativa vigente in caso di modalità di esecuzione organizzate dal solo committente nell’ipotesi in cui il contratto di lavoro sportivo sia stipulato come collaborazione coordinata e continuativa; C) il comma 1, lett. e: elimina la previsione secondo cui l'attività di lavoro sportivo può essere oggetto di prestazioni occasionali secondo la disciplina generale; D) il comma 1, lett. f : dispone che i dipendenti delle amministrazioni pubbliche che prestano la propria attività nell’ambito delle società e associazioni sportive dilettantistiche fuori dall’orario di lavoro possano a) essere retribuiti dai beneficiari previa autorizzazione dell’amministrazione di appartene nza, con diritto all'assicurazione previdenziale e assistenziale prevista per i lavoratori sportivi (tali redditi non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino ad importo complessivo pari a 15.000 euro); b) ricevere i premi e le borse di studio erogate dal CONI, dal CIP e dagli altri soggetti ai quali forniscono proprie prestazioni sportive; E) il comma 1, lett. g: conferma che il contratto individuale del direttore di gara è stipulato dalla Federazione Sportiva Nazionale, dalla Disciplina Sportiva Associata o dall'Ente di Promozione Sportiva competente , prevedendo che tali contratti possano riguardare anche i soggetti che, indipendentemente dalla qualifica indicata dai regolamenti della disciplina sportiva di competenza, sono preposti a garantire il regolare svolgimento delle competizioni sportive;F) il comma 1, lett. g: dispone che alle prestazioni dei direttori di gara professionisti non si applica il regime tributario previsto per i lavoratori sportivi dilettantistici e per alcuni lavoratori sportivi professionisti dall’art. 36, co. 6, del D.Lgs. 36/2021 secondo cui i relativi compensi non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino ad importo complessivo di € 15.000,00. L’ art. 14 apporta modifiche all’art. 26 del D.Lgs. 36/2021, che , come noto, disciplina il rapporto di lavoro subordinato sportivo sia nel settore professionistico che in quello dilettantistico. L’articolo in commento ribadisce che a tale rapporto di lavoro non si applicano le disposizioni dettate dalla normativa vigente relativa alle mansioni a cui deve essere adibito il lavoratore e alle conseguenze dell’eventuale assegnazione a mansioni superiori rispetto a quelle per le quali è stato assunto, e : A) nel comma 1, lett. a modifica il riferimento normativo contenuto nell’art. 26 del D.Lgs. 36/2021 e rinvia non più all’art. 13 della L. 300/1970 come attualmente previsto, bensì - più coerentemente - all’art. 2103 c.c. . dal momento che tale articolo è stato oggetto di modifiche successive a quelle apportate dall’ art. 13; B) al comma 1, lett. b sostituisce la locuzione “indennità di anzianità” con “trattamento di fine rapporto” con riferimento al trattamento economico che viene corrisposto dal Fondo costituito dalle federazioni sportive nazionali, dalle discipline sportive associate e dagli enti di promozione sportiva. Rilevanti modifiche sia in tema di efficacia del contratto di lavoro sportivo subordinato che di termini per il deposito del contratto sono, poi, introdotte dall’art. 15 (“Modifiche all’articolo 27 del D.Lgs. n. 36 del 2021 in materia di rapporto di lavoro sportivo nei settori professionistici”) .
Detto articolo interviene , infatti, sull’art.27 del D.Lgs. 36/2021 , condizionando l’efficacia del contratto di lavoro sportivo subordinato nel settore professionistico all’approvazione secondo le regole stabilite dalla Federazione Sportiva Nazionale o dalla Disciplina Sportiva Associata. Restano confermate le altre condizioni di validità del contratto previste dalla vigente normativa, onde il contratto : a) deve essere stipulato, in forma scritta a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale, dalla disciplina sportiva associata e dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, sul piano nazionale, delle categorie di lavoratori sportivi interessate, conformemente all’accordo collettivo stipulato; b) deve essere depositato, entro sette giorni dalla stipulazione dalla società presso la federazione sportiva nazionale o la disciplina sportiva associata per l’approvazione. E’ da precisare che l’obbligo di deposito riguarda anche tutti gli ulteriori contratti stipulati tra il lavoratore sportivo e la società sportiva, ivi compresi quelli che abbiano ad oggetto diritti di immagine o promo-pubblicitari relativi o comunque connessi al lavoratore sportivo. Quanto alla validità delle clausole contrattuali, si prevede che: a) le eventuali clausole contenenti deroghe peggiorative sono sostituite di diritto da quelle del contratto tipo; c) nel contratto individuale deve essere prevista la clausola contenente l’obbligo dello sportivo al rispetto delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici.
Vale ricordare che il principio di carattere generale di cui all’art.1 della L. 91 del 23 marzo 1981, in base al quale l'esercizio dell'attività sportiva è libero a tutti i livelli ed in ogni forma sia essa individuale che collettiva ovvero in forma professionistica o dilettantistica, è espressamente richiamato dal DLgs 36/2021 ed è collocato all’art.3 comma I (Principi ed obiettivi), volendosi, così, ribadire la centralità del detto principio. Dopo l’intesa del 9 settembre scorso sullo schema di decreto in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano ( prot. 22/168/SR1/C7-C18) ed il parere delle Commissioni competenti non resta che attendere l’approvazione dell’attesa riforma da parte del Consiglio dei Ministri .
ottobre 2022
VARATA LA RIFORMA DELLA TARIFFA FORENSE
Nuovi parametri e compenso-orario.Stop alla discrezionalità del Giudice
di Mario Romano
Entrerà in vigore il 23 ottobre p.v. Là nuova tariffa dei compensi degli avvocati introdotta dal Decreto Ministeriale n.147/2022 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.236/22.
Insieme alla rimodulazione (in aumento) dei parametri, attesa da anni, le novità della riforma varata dalla Guardasigilli Marta Cartabia riguardano:
- l’abolizione del criterio discrezionale del magistrato nella liquidazione degli onorari che sarà limitato solo ai casi di particolare complessità o semplicità, dal momento che, di regola, l’aumento o la diminuzione dell’importo previsto dai parametri per le singole voci potrà essere contenuto nella misura fissa del 50%, naturalmente, ferma restando la commisurazione delle spese forfettarie del 15%;
- l’introduzione della tariffa-oraria per le singole prestazioni professionali., colmando, con ciò stesso, una lacuna rispetto al regime degli onorari legali in uso negli Stati Uniti d’America ed in molte nazioni europee.
Per vero, detta previsione era già contemplata dalla precedente Legge professionale (la n.247/2012) in cui, però, non era stata fissata una misura precisa del compenso a tempo. Con l’attuale riforma, dunque, è stata stabilita la soglia minima di € 200 fino ad un massimo di € 500 per ogni ora o frazione di ora superiore a 30 minuti, ferma restando, naturalmente, la possibilità di pattuizione di maggior importo tra cliente e difensore, da attuare con atto scritto;
- una nuova tabella ad hoc per le procedure concorsuali, nell’ambito delle quali sono state identificate quattro distinte fasi con altrettante previsioni di compenso.
In particolare, la riforma prevede :a) l’ incremento del 30% per la procedura di mediazione e di negoziazione assistita, per l’ipotesi di successo della procedura; b) l’incremento del 20% per l’attività introduttiva svolta dinanzi al Giudice amministrativo; c) la riduzione del compenso del legale della parte soccombente nell’ordine del 75% di quello spettante secondo tariffa; d) nuovi parametri per l’attività penalistica, con particolare riferimento alla fase preliminare, a quella del giudizio per direttissima dinanzi al Tribunale ordinario e nelle procedure svolte dinanzi al Tribunale per i Minori, che – a seguito della riforma – assumerà in nome di Tribunale della Famiglia, all’interno del quale è stata abolita la presenza degli assistenti sociali, in veste di coadiutori del Giudice.
Allo scopo di scoraggiare l’introduzione (e la temeraria resistenza) in giudizi palesemente pretestuosi o inammissibili (cd.:”abuso del processo”) è stata aggravata la sanzione per la responsabilità del difensore e della parte ai sensi dell’art.96 c.p.c.
Ulteriori maggiorazioni, infine, sono state previste per i giudizi in Cassazione e per le procedure cautelari, mentre, simmetricamente, è stata stabilita una diminuzione per le cause di tenue valore e di particolare semplicità.
CARENZA NUMERICA DEI MAGISTRATI / CAUSE & RIMEDI
di Mario Romano
L’allarme recentemente lanciato da autorevoli quotidiani (da ultimo, La Repubblca,25 agosto u.s.) circa la grave scopertura dell’organico presso i nostri Tribunali sembra essere caduto nel vuoto.
Si tratta di numeri preoccupanti: manca un totale di 1.617 magistrati che rappresenta una media del 20/30% per ciascuno degli uffici giudiziari della Penisola, il che lascia prevedere, nel futuro immediato, una paralisi quasi completa del servizio giustizia, cui ha dato un ben modesto aiuto la recente riforma Cartabia con il cd.”Ufficio del processo” formato da giovani laurerati i quali non possono sostituirsi al lavoro dei giudici, non avendone nè facoltà nè competenza.
Si avvererà, dunque, (ed in alcuni tribunali si è già avverato) lo slittamento di molti mesi dei processi penali e delle cause civili, con fissazione di lontanissime udienze di comparizione/discussione, con la conseguente deliberata violazione del dettato codicistico (art.415 c.p.c.:giorni 60) per quanto attiene al rito lavoro !
Vien fatto, a questo punto di chiederci (in ciò ripercorrendo le accorate osservazioni fatte nei giorni scorsi dal Procuratore Nicola Gratteri) quali siano la cause di questa carenza che si è andata aggravando negli anni, malgrado l’espletamento dei concorsi, peraltro, con copertura solo parziale dei posti disponibili.
Ebbene, poiché la legge lo consente si è verificata sempre più di frequente la trasmigrazione di magistrati dal ruolo giurisdizionale (cui istituzionalmente a seguito di apposito concorso essi sono destinati) a quello della politica. E’ il caso dei Viola, Imposimato, Grosso, Emiliano, Ingroia, DI Pietro, De Magistris (per citare solamente i più noti) che hanno, di fatto, sguarnito gli uffici cui erano preposti, per non farvi più ritorno allorchè alla nuova carriera hanno fatto seguito le dimissioni, cosa che dovrebbe rappresentare la regola onde fugare l’ombra di una poca terzietà o di possibili conflitti di interessi nel caso di ripresa della funzione giurisdizionale dopo anni di militanza in un determinato partito politico.
Emblematico, sul punto, è il contenuto del libro-denuncia di Sergio Rizzo (“Potere assoluto”) dove si legge che « una gran parte dei posti chiave dei ministeri, negli uffici legislativi e del governo è occupata da giudici in prevalenza amministrativi e persino una delle figure chiave dell'esecutivo come l'attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, è un giudice del Consiglio di Stato. I giudici, dunque, contribuiscono a scrivere le norme che essi stessi poi sono chiamati ad applicare e, incredibilmente, mentre lavorano nei ministeri continuano a maturare anzianità come magistrati e ad avere avanzamenti di carriera »
Alla circostanza fin qui descritta, va aggiunta quella dei magistrati togati presenti nelle Commissioni Tributarie,nelle quali siedono in concomitanza con la loro attività giudiziaria e permangono fino al compimento dei 75 anni, ossia ben cinque anni dopo il pensionamento.
Per vero, com’è noto, la recente riforma ha previsto la immissione di giudici tributari professionali a seguito di concorso e non più chiamati dall’organico dei Tribunali. Tuttavia, da uno studio della Ragioneria dello Stato emerge che su 2.608 attuali giudici tributari ne andranno in pensione solo 118 nel 2023 ed altri 702 nel 2024, sicchè in attesa della immissione nei ruoli dei nuovi professionisti.ne resteranno in servizio 1788, parte dei quali tuttora in servizio nell’Ordine giudiziario e, come tali, dediti ad una doppia funzione che impedisce loro di assovere a tempo pieno (come sarebbe auspicable) l’attività giurisdizionale,spesso coincidente negli orari di lavoro.
Infine, non può tacersi tutta un’altra serie di incarichi (come corsi di insegnamento, commissioni di esami, arbitrati ecc.) che comportano inevitabilmente un sovraccarico di impegni e sottrazione di tempo per lo svogimento delle funzioni giurisdizionali.
Si tratta, come si vede, di argomenti di vitale importanza (al pari di quello concernente la divisione delle carriere), in ordine ai quali non mancheranno signficarive indicazioni dal Congresso nazionale Forense affinchè ne prenda carico il nuovo governo, completando, con ciò stesso, il percorso intrapreso dalla Guardasigilli Cartabia.
HOMO OMMINI… VIRUS ! Noterelle Coronavirali
di Enrico Romano
L’espressione latina (Homo, homini lupus) mutuata dal filosofo Hobbes dall’Asinara di Plauto, adattata ai nostri giorni e resa più accessibile in dialetto trasteverino, rivela la condizione dei cittadini nell’era covidiana e, ancor più, in quella post-covidiana, definita dal nostro governo “fase 2, ma con prudenza”! In questi tempi di abuso di terminologie straniere (lockdown, triage ecc.), stupisce che si sia fatto ricorso alla lingua italiana per la” fase” della ripartenza, sia pure graduale, con l’adozione delle regole di sicurezza, quali l’uso della mascherina ed il rispetto della distanza tra i soggetti. Per quanto riguarda quest’ultima prescrizione, non si può fare a meno di notare come, solo negli ultimi giorni il monocratico legislatore (ossia il Conte che la Tv si ostina a chiamare premier anziché primo ministro) si sia deciso a parlare di “distanziamento sociale”, correggendo la precedente definizione di sapore involontariamente discriminatorio… Fino a pochi giorni or sono, infatti, veniva ripetuto l’invito alla “distanza sociale”, che , più che un criterio di protezione da contagio sembrava riferirsi al rispetto verso i nobili imposto al cittadino comune ( ”di basso
ceto”), evocato nei versi pittoreschi della “Livella” dell’indimenticabile principe De Curtis ! In realtà, a giudicare dall’atteggiamento che le persone hanno assunto l’una verso l’altra a causa del covid19, meglio sarebbe parlare di “diffidenza sociale”… Tornando ai barbarismi che contaminano la nostra bella lingua, è innegabile che essi siano la conseguenza di una diffusa modestia culturale. Un esempio per tutti: il termine “deadline” utilizzato per indicare la distanza di sicurezza da rispettare tra le persone e di fronte al banco di distribuzione di alimenti o medicinali. A confutazione di una tale fin troppo libera interpretazione, valga notare che con tale espressione inglese era indicato, nei campi di prigionia, ,il limite (line) superato il quale un fuggitivo poteva essere sparato e ucciso (dead)!Come si vede vi sarebbe più di un motivo per mettere mano ad un vero e proprio processo di ecologia linguistica che faccia giustizia degli eccessi di forestierismi in questa nostra penisola covidizzata, almeno fino alla sperata “Fase3” !
UFFICI GIUDIZIARI A RISCHIO MARGINALITA’
di Raffaele Mea
Piero Calamandrei: “Nel giudice non conta l'intelligenza, la quale basta che sia normale per poter arrivare a capire come incarnazione dell'uomo medio, «quod omnes intellegunt»: conta soprattutto la superiorità morale, la quale dev'esser tanta da far sì che il giudice possa perdonare all'avvocato di esser più intelligente di lui.” Da alcuni anni si assiste ad una lenta, ma inesorabile evoluzione dei provvedimenti adottati a fini di giustizia, ormai ben lontani dalle loro storiche basi di diritto romano e dei suoi mores maiorum ed alquanto diversi dall’impostazione voluta dal Code Napoleon. Si è più volte affermato che lo sviluppo dei traffici e gli effetti della cosiddetta globalizzazione hanno prodotto questa evoluzione, con lo sfilacciarsi di una serie di certezze a fondamento del modo di essere e di atteggiarsi della convivenza civile. Occorre però procedere ad un’accurata disamina della predetta evoluzione per non incorrere nel facile errore di confondere cause ed effetti indagando le possibili ragioni che hanno condotto ai fenomeni attuali. Veniamo a ciò che si registra nella pratica commerciale nazionale ed internazionale. E’ innegabile l’affermarsi di scelte, consacrate anche da provvedimenti legislativi, che affidano la soluzione di controversie, tradizionalmente campo di azione della magistratura, a sistemi alternativi alle aule di giustizia. Solo per menzionare alcuni considerevoli esempi occorre citare le A.D.R. (Alternative Dispute Resolution) che, nonostante la storica resistenza, negli ultimi anni hanno ottenuto una diffusa accettazione da parte del pubblico in generale e di autorevoli esponenti delle professioni legali. In effetti, molti operatori del diritto ora chiedono di ricorrere alle ADR, di solito alla mediazione, prima di consentire il processo (la Direttiva europea sulla mediazione del 2008 contempla espressamente la cosiddetta mediazione "obbligatoria" anche senza considerare necessario raggiungere un accordo). La crescente popolarità delle ADR può essere spiegata sulla base del crescente carico di lavoro dei tribunali, della percezione che imponga meno costi rispetto al contenzioso e della preferenza per la riservatezza e il desiderio di alcune parti di avere un maggiore controllo sulla selezione dell'individuo o degli individui che decideranno la loro controversia. Tale orientamento, nei paesi anglosassoni, si registra sin dagli anni '90, nei quali l'uso dell'ADR può definirsi ormai costante. Un altro importante esempio è fornito dal ricorso all’arbitrato, altro metodo alternativo ai un procedimenti giudiziari, che consiste nell’affidamento a uno o più soggetti terzi l’incarico di risolvere una controversia, con una decisione, che prende il nome di lodo, che sarà vincolante per le parti nonché suscettibile di essere eseguita, anche con esecuzione forzata.
L’arbitrato, largamente utilizzato nella pratica commerciale e per definire velocemente le controversie in ambito societario, ha assunto una notevole rilevanza, con specifico riferimento a vertenze di particolare importanza economica. Di assoluto rilievo è inoltre la recente istituzione di siti per la risoluzione on line di controversie, uno dei quali istituito dalla Commissione Europea, che ha messo a punto una piattaforma per quelle sorte a seguito di acquisti su internet. Questa piattaforma, chiamata “Online Dispute Resolution” (ODR), può essere utilizzata sia da venditori sia da consumatori, al fine di favorire la risoluzione stragiudiziale di controversie scaturite dallo shopping elettronico. Proprio l’ultimo degli esempi citati sta acquisendo un rilievo senza precedenti, per la massiva diffusione di alcuni siti utilizzati da milioni di cittadini per effettuare le proprie transazioni commerciali, quali “e.bay”, “Amazon”, “Alibaba”. A ciò si aggiunga il sempre più convinto ricorso all’intelligenza artificiale, che dietro il malcelato fine del miglioramento organizzativo, nasconde probabilmente obiettivi meno nobili, quali la fungibilità dell’intervento umano ed il conseguente inevitabile controllo. I fenomeni appena descritti rendono sempre più evidente come la definizione dei contenziosi scaturenti dalle innumerevoli transazioni commerciali non coinvolgano più i luoghi deputati da secoli a tale delicatissimo compito: le aule di giustizia. Già negli anni scorsi, per effetto dell’enorme sviluppo dei traffici, si era registrato una voluta delocalizzazione della decisione delle controversie, spesso determinata dalla scelta dei Paesi nei quali fosse garantita una definizione più rapida delle predette vertenze. Si era parlato, al riguardo, di “forum shopping” proprio per rimarcare che al predetto fenomeno fosse inevitabilmente legata anche la conseguenziale scelta di determinare la logistica delle nuove sedi societarie. Anche la Giustizia aveva preso atto con importanti sentenze della diffusa pratica di delocalizzazione industriale, dettata dalle predette finalità utilitaristiche e determinata da precisi obiettivi aziendali. Già nel 2008 la Suprema Corte di Cassazione a SS.UU. con la sentenza n. 24883 ha espressamente sancito che “L'evoluzione del quadro legislativo, ordinario e costituzionale, mostra l'affievolimento della
centralità del principio di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, accompagnata dalla conforme emersione della esigenza di sburocratizzare la la giustizia, non più espressione esclusiva del potere statale, ma servizio per la collettività, che abbia come parametro di riferimento l'efficienza delle soluzioni e la tempestività del prodotto-sentenza, in un mutato contesto globale in cui anche la giustizia deve adeguarsi alle regole della concorrenza (si parla infatti di concorrenza degli ordinamenti giuridici). “Il fenomeno del forum shopping testimonia, dunque, il superamento del monopolio statale della disciplina della giurisdizione e delle rigidità connesse, che appaiono incompatibili con l'avvento della "concorrenza internazionale e sopranazionale degli ordinamenti giuridici". Questa premia la bontà e la celerità del servizio giustizia (attraendo investimenti e shoppers), quando venga affrancata dai viziosi meccanismi processuali, in cui talora resta intrappolata la giurisdizione.” Si è parlato, al riguardo anche di un “codice del capitale” e cioè di un diritto che crea ricchezza e disuguaglianze richiamando fondamentali teorie che affondano le proprie radici in opere di straordinari pensatori del recente passato, come John Rawls con le sue “diseguaglianze immeritate” (A Theory of Justice).In pratica, si afferma, che la professione forense, soprattutto nei paesi anglosassoni, ha sviluppato alcuni strumenti per privatizzare dei beni comuni e per aggirare i vincoli normativi e fiscali (attraverso la creazione di entità legali fittizie) (Katharina Pistor – The Code of Capital). Al di là di suggestivi richiami e di facili conclusioni, è innegabile che la Giustizia tradizionalmente intesa abbia perso la sua centralità e non è affatto agevole identificarne le cause, limitandosi allo stato all’esame degli effetti evidenti. Sono quanto mai attuali, nel contesto appena descritto, le domande fondamentali sulla reale tutela dei soggetti, che non si sostanzi in una mera accettazione tacita di quanto offerto dal sistema giuridico, in quanto il più delle volte denota una negazione sostanziale della predetta tutela. Le difficoltà legate alle contingenze attuali, determinate dai tragici eventi della pandemia in corso, rendono ancor più evidenti i rischi di marginalità per gli uffici giudiziari, per i quali si rende estremamente necessario un recupero di efficienza ed uno scatto di orgoglio che possa favorire una nuova connotazione del ruolo che loro compete. La sospensione di buona parte degli adempimenti d’ufficio e la previsione di presidi con ridottissimo numero di personale in presenza, non fa che consolidare i predetti rischi, facendo sorgere legittimi dubbi sulla presunta indifferibilità ed insostituibilità di molte attività giudiziarie. E’ doveroso, pertanto, proporre alcuni spunti di riflessione. Si parla, infatti, della centralità della scienza e della sua imprescindibilità, in questo particolare momento storico, da parte dei decisori istituzionali. Perché non considerare, pertanto, la scienza giuridica e quella organizzativa al pari delle altre discipline scientifiche? Sono anch’esse elementi basilari per le successive scelte strategiche soprattutto in tema di politiche legislative. Ciò perché, è bene ribadirlo, la funzione giudiziaria, oltre al fondamento costituzionale, risponde ad esigenze etiche e di principio, frutto di secoli di conquiste umane e sociali, che trascendono le apparenti esigenze di celerità. Centrale, in tale contesto, non potrà che essere un completo rinnovamento di ruolo e funzioni fondato sulla piena consapevolezza della specificità dei propri compiti, che siano vicini e funzionali alle necessità dell’utenza, con un’opera di costante rendicontazione e conseguente rimodulazione degli approcci sulla base del presidio delle istanze. Propedeutico a tutto ciò sarà un accurato approfondimento sulle intelligenze relazionali, per affrontare in maniera compiuta le dinamiche interne ed esterne alla Giustizia. E’ questo il cambio di paradigma per evitare di essere fagocitati dalle nuove modalità vorticose di definizione delle vertenze e soprattutto “bypassati” nelle richieste di giustizia. Il recupero di credibilità dovrà essere determinato da una ricostruita fiducia nella risposta alle domande di Giustizia. Tempi e modi nuovi del servizio Giustizia, vicini alle necessità dell’utenza con una piena consapevolezza del proprio ruolo in un’ottica che pone al centro delle scelte la propria responsabilità sociale. Di qui, pertanto, la rendicontazione continua e l’illustrazione compiuta dei provvedimenti adottati, con esplicitazione costante delle motivazioni addotte, al fine di rendere palesi le ragioni alla base delle decisioni, nel pieno rispetto delle norme sulle quali le stesse vengono assunte. Una modalità che possa garantire i predetti adempimenti potrebbe essere individuata nella definizione condivisa di format di pubblicazione sui siti istituzionali, che agevolerebbero le consultazioni e le verifiche, evitando “zone d’ombra” nella prevista rendicontazione. Il recupero di fiducia ed il ripristino dell’autorevolezza saranno via via garantiti dalla predetta democraticità delle scelte, fondate sul ricorso sistematico alla scienza e sull’innegabile professionalità degli attuali operatori della Giustizia, ai quali però occorrerà richiedere i predetti cambi di prospettiva, ottenendo dagli stessi coerenza nei conseguenziali adempimenti.